Alessia D'Alterio, psicologo clinico dell'infanzia, dell'adolescenza e della famiglia, psicoterapeuta relazionale. Iscritto all'Ordine degli Psicologi del Lazio col n. 20103 dal 15/07/2013.

Membro IARPP International Association for Relational Psychoanalysis and Psychotherapy dal 08/01/2015. Membro IAPSP International Association for Psychoanalytic Self Psychology dal 30/11/2016.

Dall'introduzione alla traduzione italiana de "L'abisso della follia " (di George Atwood, 2012): "Molti clinici usano la diagnosi o la teoria come uno scudo, disconoscono la propria soggettività in interazione rendendo la terapia una lotta per il potere, carica di una confusione che il paziente ingiustamente non ha modo di comprendere. Tuttavia riconoscere la propria soggettività costituisce in essenza un’importante differenza tra essere un esperto di psicoanalisi, essere uno psicoanalista ed essere in grado di aiutare una persona. Ogni clinico è un portatore sano di trauma. Non siamo immuni, non siamo onnipotenti. Le nostre ferite e i nostri traumi dovrebbero essere le nostre migliori qualifiche. Siamo qualificati a comprendere il trauma perché lo abbiamo vissuto. Questa può essere una grande fortuna, perché ci permette di guardare dritto negli occhi, osservare, indugiare lo sguardo oltre la superficie, essere in grado di discernere realmente le sfaccettature di un’emozione o di una situazione di vita, con la dignità di chi è sopravvissuto. Con le parole di Anna Barton nel film 'Il danno' (Malle, 1992): “chi ha subito un danno è pericoloso: sa di poter sopravvivere”. Il mestiere di analista tra le altre cose può significare trasmettere una conoscenza a proposito della possibilità di sopravvivere a un trauma. Come affermava Kohut (1984): “Se c’è una lezione che ho imparato durante tutta la mia vita di analista è che ciò che i miei pazienti dicono è vero: molte volte, quando avevo creduto di avere ragione e i miei pazienti torto, è venuto fuori che la mia verità era superficiale mentre la loro verità era profonda”. Alessia D'Alterio

Dr.ssa Alessia D'alterio iscritto a Medicitalia.it | il motore di ricerca dei medici italiani
Transfert: processo di trasposizione inconsapevole, di sentimenti provati dal soggetto nei riguardi di persone che ebbero importanza nella sua vita infantile.

Il tempo emotivo è diverso dal tempo cronologico. Per guarire dai traumi affettivi non basta lo scorrere del tempo. La condizione affettiva è guidata da leggi differenti da quelle cronologiche. I consigli degli amici: "ci vuole tempo", "passerà col tempo" sono illusori. L'affettività non è determinata dallo scorrere del tempo, ma dagli eventi della vita e da come essi vengono letti, gestiti e assimilati. Per questo motivo si può restare bloccati per molto tempo in una situazione di sofferenza, oppure al contrario, "improvvisamente" tutto cambia. In realtà il cambiamento non è un evento casuale, ma determinato da specifici fattori che sono emotivi, e non temporali. Il cambiamento non è determinato dal tempo.

Io sono io. Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.
Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa.
Se ci incontreremo sarà bellissimo;
altrimenti non ci sarà stato niente da fare.
Fritz Perls (1893-1970)

Presentazione del libro con intervento dell'autore George Atwood https://www.youtube.com/watch?v=cx3yzrjKx5M

Dipendenza: tabacco, droga, sesso, alcool, farmaci, shopping, cibo, gioco d'azzardo, internet. Il motivo per cui si crea una dipendenza "patologica" (sarebbe meglio dire funzionale) riguarda il processo che genera; vitalità e tranquillità allo stesso tempo, seppure limitate al momento in cui si mette in atto il processo. Quello che cerca la persona "dipendente" è un oggetto esterno in grado di regolare le sue emozioni poichè non è riuscito ad internalizzare un modello per farlo autonomamente (nessuno può vivere da solo, siamo esseri sociali). Maggiori sono le dipendenze "patologiche", maggiore è il bisogno di relazione che il soggetto manifesta.

La relazione può essere intesa come "arte del tempo": le sue declinazioni si esprimono nella danza, nella musica e nel cinema attraverso la capacità simbolica

"Tu hai ragione...Io capisco solo la musica e sai perché la capisco? Perché la musica non ha bisogno delle parole, né dell'esperienza. La musica c'è." - Youth ‐ La giovinezza (Sorrentino, 2015)

La Emotionally Focused Therapy è un modello terapeutico basato sugli studi scientifici relativi ai legami d'amore adulto, la sessualità e l'attaccamento di coppia,  progettato per affrontare il disagio nelle relazioni intime. Le coppie che cercano di migliorare la propria relazione possono trovare utilità in questo tipo di approccio, per capire meglio le proprie risposte emotive. http://nyceft.org/

Fino al 1 Aprile sono aperte le application per l'EARLY CAREER PROFESSIONAL SCHOLARSHIP della IAPSP, International Association for Psychoanalytic Self Psychology. Il premio rivolto a psicologi, specializzandi, psicoterapeuti e professionisti della salute mentale con spiccato interesse alla Psicologia del Sè e alla Teoria dei Sistemi Intersoggettivi, consente la frequenza gratuita al convegno internazionale annuale; un anno di meeting - anche via Skype - con un clinico esperto; la membership annuale e la sottoscrizione gratuita per un anno alla rivista 'Psychoanalysis, Self and Context'. Per partecipare occorre inviare una lettera motivazionale, il proprio CV e due lettere di presentazione (inviate separatamente). L'esperienza che ho avuto l'onore di vivere personalmente è caldamente suggerita a tutti i clinici sia con esperienza che in formazione, orientati all'approccio kohutiano e intersoggettivo. https://iapsp.org/iapsp/ecs_program.php

L'impatto dello tsunami nel film "The impossible". Uno degli effetti del trauma è il congelamento emotivo. Il ghiaccio generato dal trauma viene sciolto dal calore della condivisione dell'esperienza umana. La possibilità di sperimentare la continuità affettiva è determinato dal riconoscimento da parte di un Altro significativo.

Una bella lezione da una delle attrici più amate e premiate di Hollywood, Meryl Streep, che sul suo profilo Facebook ha pubblicato una foto storica che la ritrae giovanissima alle prime armi come attrice. Una foto che nasconde una storia che dovrebbe essere da ispirazione per tutti coloro che non devono mai smettere di credere ai propri sogni. Nella foto una giovane Meryl Streep viaggia sulla metro: «Questa sono io mentre stavo tornando a casa da un provino per King Kong dove mi era stato detto che ero troppo brutta per la parte - scrive l'attrice - Un momento cruciale per me. Un parere del genere avrebbe potuto far deragliare il mio sogno di diventare un'attrice oppure costringermi a tirarmi su le maniche e a credere ancora di più in me stessa. Ho preso un respiro profondo e ho detto "Mi dispiace che tu pensi che io sia troppo brutta per il tuo film ma sei solo un parere in un mare di altri migliaia di pareri e io ne vado a cercare un altro: oggi ho 18 Oscar».